Salernitana-Sottil, tutti i motivi della rottura

Il retroscena: tanta amarezza da parte del tecnico

Un passo indietro in nome della serietà. Valore da preservare per Andrea Sottil, che non senza amarezza ha deciso di rinunciare all’incarico di allenatore della Salernitana prima ancora di metter piede in città. Il tutto dopo aver riflettuto a lungo, e aver stabilito di non aver altra scelta.

Rammarico forte per il trainer piemontese, voglioso come non mai di tornare in sella dopo l’esonero di ottobre con l’Udinese e tanti mesi passati a mordere il freno. Eppure, dopo la mancata cessione societaria, qualcosa deve essersi rotto nel sogno di ripartenza di Sottil, che aveva accettato la Salernitana per due motivi. Il calore di una piazza che ha conosciuto da avversario più volte in carriera, e la concreta possibilità di essere parte di un progetto importante, destinato al ritorno in serie A, magari non immediato ma come culmine di un ciclo importante.

Premesse venute meno una volta appresa la mancata cessione del club da parte di Danilo Iervolino, evidentemente fortemente demotivato, in qualche senso quasi costretto, ad andare avanti per conto proprio con quello che ritiene ad oggi un fardello sulle spalle. Al netto della credibilità della Brera Holdings, a Sottil l’eventuale passaggio di quote al fondo interessato era stato prefigurato come un passo in avanti, nella disponibilità finanziaria e soprattutto nelle ambizioni. E la permanenza di Iervolino ha paradossalmente lanciato un segnale d’allarme.

Giorni di stallo, rassicurazioni venute meno man mano, richieste spesso eluse, una delusione ma soprattutto il timor di andar incontro a una brutta storia crescente, fino al colpo decisivo. Gli acquisti virtualmente chiusi di Vandeputte, Tutitno e Coda da parte del ds Petrachi, che la querelle societaria ha inevitabilmente frenato, con tre (o più) calciatori di valore, già disponibili a vestire la maglia granata sfumati sul più bello, quando la Salernitana sembrava iniziar a prender piede. Rinunce che hanno portato Sottil all’amara riflessione di dire addio, anche a costo di perdere soldi e un contratto biennale, per amore della serietà, valore che ha voluto difendere a malincuore, sapendo molto bene, che il suo nome, al pari di quello di Petrachi, erano stati percepiti come gli unici segnali validi come garanzie in un periodo tremendamente incerto e confuso. Quella che gli riconoscevano i tifosi che non ha fatto in tempo nemmeno a conoscere, e che erano stati tra i primi motivi del “sì” dopo 10 giorni di colloqui. Colloqui nel corso dei quali gli era stata prospettata tutt’altra situazione, e che una volta venuta meno, ha portato all’addio prima ancora d’iniziare. Non senza rammarico, ma con la serenità di non aver illuso un’intera tifoseria…

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