“Sono un malato cronico ai polmoni e ai bronchi e ho due stent al cuore. Le mie giornate sono pigre, ritmi alti non ne posso tenere. Quando esco lo faccio con la sedia a rotelle, perché mi si è spostata una vertebra e dopo la cementificazione mi ero montato la testa e sono scivolato dal letto, fratturandomi il femore. Sono tutto rotto, ma il vero problema resta il respiro: per parlare senza affaticarmi devo usare l’ossigeno”. Così Walter Sabatini in un’intervista al Corriere della Sera. L’ex dirigente granata, fermo dallo scorso giugno, si confessa spaziando dalle sue condizioni di salute al pensiero sul mondo del calcio attuale, senza lesinare un riferimento alla sua esperienza con la Salernitana.
«La morte l’ha vista in faccia. “Sì, nel 2018. Ma quello che mi tormenta è il coma farmacologico di circa venti giorni: ho incontrato chiunque sotto gli effetti dei farmaci. Sembrava così reale che mi causa ancora dei tormenti. Ho incontrato anche Dio sotto mentite spoglie, ma è stato un po’ deludente perché mi ha trattato con molta sufficienza. Ma non sono uno che si ritirerà: devo morire e non succederà neanche quello, non per ora. Il cervello non mi permetterebbe il ritiro. Aspetto ancora qualcosa dal calcio: devo prendere e dare. Anche se il calcio mi ha devastato».
«La sincerità l’ho sempre usata. Quando sono andato a Salerno per la famosa salvezza con il 7% di probabilità di farcela, ho mostrato a un allenatore la lista dei 10 innesti che avrei fatto e lui mi ha detto che erano tutti ex giocatori: gli ho risposto che aveva ragione e infatti lui non li poteva allenare. E gli ho detto di restarsene a casa».
«Il piacere di scoprire un campione? È un piacere intellettuale, lo sento come una bottiglia che si rompe dentro. Guardo una partita con la speranza di rimanere abbagliato dalla bellezza di una giocata, il calcio è vera arte».
«Cosa mi manca di più del lavoro? Il timore della sconfitta, che è un cattivo compagno di viaggio ma è il senso di chi fa questo mestiere. La gioia di una vittoria non avrà mai lo stesso peso del dolore per una sconfitta».