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Salernitana: Inzaghi, l’Atalanta e quel record di gol con la morte nel cuore

Stagione indimenticabile nel bene e nel male per SuperPippo con la maglia nerazzurra: il titolo di capocannoniere e il dolore per la tragica scomparsa di Chicco Pisani

Stagione 1996-1997. Un’annata, quella di Filippo Inzaghi con indosso la maglia dell’Atalanta, indimenticabile nel bene e nel male. Con la Dea, Pippo divenne definitivamente Super, centrando il record di gol in serie A in campionato, vincendo con 24 reti il titolo di capocannoniere del torneo, davanti a campioni già affermati come Batistuta, Signori e Weah. Molti di quei gol, però, arrivarono con la morte nel cuore, dopo la tragica scomparsa, del 12 febbraio ’97, di Federico Pisani, compianto attaccante degli orobici morto ad appena 22 anni in seguito a un incidente stradale che costò la vita anche alla sua ragazza Alessandra Midali.

In passato Filippo Inzaghi, che ritroverà lunedì sera l’Atalanta da allenatore della Salernitana, ha sempre ricordato l’amico e compagno di reparto, praticamente coetaneo, scomparso nel fiore della sua vita e della sua carriera.

“Ancora oggi mi capita spesso di pensare a Chicco e a quella disgrazia che colpì lui e la sua ragazza – le parole di qualche anno fa di un commosso Inzaghi, in esclusiva per Bergamonewsnon me lo sono mai scordato e in tutti questi anni ha sempre avuto uno spazio particolare nel mio cuore. Eravamo molto legati ed avevamo un bellissimo rapporto anche fuori dal campo. Ricordo ad esempio che spesso quando avevamo il doppio allenamento andavamo insieme a pranzo al ristorante. In quel periodo lui stava lavorando duramente per recuperare da un grave infortunio e ci teneva molto a tornare in campo il prima possibile”. Ore e giorni drammatici quelli per i tifosi atalantini e per i suoi compagni di squadra: “Venni a sapere della tragedia il mattino dopo, mentre stavo andando a Zingonia per l’allenamento, mi chiamò un dirigente –il racconto  -. E in quel momento mi crollò il mondo addosso. Fino al giorno prima eravamo insieme a correre, ridere e scherzare. Nello spogliatoio quella mattina calò il gelo. Non ci allenammo nemmeno, non saremmo mai riusciti a pensare al pallone perché eravamo tutti distrutti. La stagione stava andando molto bene, ma quella disgrazia la macchiò pesantemente. Avevamo un grande allenatore come Mondonico e un presidente fantastico come Ruggeri”. La domenica dopo si giocò al Comunale la partita contro il Vicenza, in un clima surreale sia per i ventidue in campo che per i ventimila sugli spalti: “Non volevamo nemmeno disputare quella partita. A quattro giorni di distanza dall’incidente il dolore era ancora forte. Ma poi scendemmo in campo perché volevamo dedicargli la vittoria. I suoi genitori passarono dal nostro spogliatoio prima dell’inizio e furono momenti di forte commozione per tutti. Ricordo anche il minuto di silenzio e gli omaggi del pubblico, un’emozione indescrivibile. Riuscimmo a vincere e io a segnare due gol, che ovviamente dedicai a lui. Per esultare corsi sotto lo striscione con la sua maglia insieme ai miei compagni: era come se Chicco fosse ancora tra noi. Lo è stato durante tanti miei gol. E per me lo è tuttora”.

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